sabato 24 marzo 2012

Unesco - La Grande Barriera Corallina

Veduta dall'alto delle isole della Barriera Corallina
Foto tratta da: greenme.it

Lungo la costa nordorientale dell'Australia l'antica foresta pluviale discende dalla sommità dei rilievi e arriva a lambire le acque del mare. I fondali di questa acque ospitano la più grande formazione corallina del mondo, La Grande Barriera Corallina (Great Barrier Reef), che si estende ininterrottamente per ben 2300 chilometri. Sia la foresta, sia la barriera sono stati dichiarati dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità.


Nome: La Grande Barriera Corallina
Patrimonio dell'Umanità: dal 1981
Ubicazione: nel settore nordorientale dell'Australia, sopra la piattaforma continentale del Queensland

Colorato esemplare di Alcionario, organismo appartenente alla  sottoclasse degli Ottocoralli.
Foto tratta da: seasubclub.com

I tratti di foresta pluviale (Wet Tropics of Queensland) ricoprono la costa australiana per quasi 600 chilometri. Molte piante hanno conservato caratteristiche risalenti a milioni di anni fa e le 1160 specie vegetali presenti, che comprendono la maggiore concentrazione al mondo di antiche fanerogame, ospitano la più grande varietà di fauna australiana.

Il racconto di James Cook
Alcune delle più belle aree di questa foresta costituiscono i Parchi Nazionali di Daintree e di Cape Triblation. Il nome di questo promontorio si deve al capitano James Cook, che nelle acque antistanti, in piena barriera corallina, corse uno dei rischi più seri della sua lunga attività di navigatore e stava per perdere la nave Endeavour. Ecco il suo racconto: "Prima che l'uomo incaricato dello scandaglio avesse potuto lanciarlo nuovamente, la nave cozzò contro la scogliera e si incagliò. Immediatamente ammainammo le vele e calammo le scialuppe per andare a verificare la situazione. Ci rendemmo conto di esserci scontrati con l'estremità di un banco di coralli. Intorno a noi c'erano punti con tre o quattro braccia d'acqua e altri dove la profondità non superava i tre piedi." Il leggendario capitano si vide così costretto a gettare fuoribordo i cannoni, lastre di ferro e di pietra, doghe e cerchioni di botti, acqua e provviste, tutto allo scopo di alleggerire l'imbarcazione e permetterle di galleggiare nuovamente. Dopo 12 ore di tentativi l'Endeavour riuscì a districarsi dall'abbraccio dei coralli e portarsi in acque più profonde. Nel 1969 una squadra di sommozzatori recuperò gli oggetti lanciati in mare dal capitano Cook, che da allora sono conservati nel museo di Cooktown.

Visione dall'alto della Grande Barriera Corallina
Foto tratta da: it.wikipedia.org

Visione dall'alto della Grande Barriera Corallina
Foto tratta da: nationalgeographic.it
Esempio di biodiversità della Grande Barriera Corallina
Foto tratta da: nuovosoldo.wordpress.com

La brutta avventura di Cook è un'efficace testimonianza della difficoltà di navigare in queste acque, dove il mare è frammentato da un intricato mosaico di banchi corallini e da migliaia di isole e isolotti. Sono perciò stati innalzati numerosi fari, alcuni dei quali molto antichi. Uno è quello dell'isola di Raine, che fu eretto nel 1844 dal capitano Blackwood al comando di un pugno di galeotti. Altri si trovano sulle Isole Lady Elliot (1866) e sulle Scogliere del Nord (1878). La maggior parte di questi fari del XIX secolo sono ancora perfettamente funzionanti. 

Il bastione di corallo
La Grande Barriera Corallina, che l'Australia ha dichiarato parco marino, è la più estesa e ampia formazione rocciosa di origine organica del pianeta. Esercita anche una funzione di protezione della costa e si estende per 2300 chilometri dall'Isola Fraser fino a Capo York, su una superficie di 340.700 chilometri quadrati.
La Barriera Corallina non si presenta come una struttura continua per tutta la sua estensione, ma comprende almeno 2500 distinte scogliere di forma variabile e la cui superficie oscilla da un solo ettaro a 100 chilometri quadrati. Ogni scogliera può distare anche 20 chilometri dalla più vicina, oppure esserne separata solo da canali stretti e tortuosi, dove la navigazione è spesso molto tortuosa.
Tradizionalmente la Grande Barriera è suddivisa in tre settori. La zona settentrionale comprende le scogliere situate a nord del 16° parallelo Sud ed è caratterizzata dalla scarsa profondità delle acque (meno di 36 metri). All'estremità della piattaforma continentale s'innalza una serie praticamente ininterrotta di scogliere che delimita le acque interne, punteggiate da banchi ed isolotti. Alcune isole interne sono protette da fitte formazioni di mangrovie, che costituiscono un habitat privilegiato per la riproduzione di pesci e crostacei. 

Molluschi nudibranchi.
Foto tratta da: bluteam.net

La zona centrale della Grande Barriera si trova fra il 16° e il 21° parallelo. Qui la profondità è maggiore, oscillando fra i 36 e i 55 metri. Le scogliere sono piatte e distanziate dai 5 ai 10 chilometri le une dalle altre. Esse delimitano un canale interno libero da banchi corallini largo da 15 a 50 chilometri, che va ampliandosi verso sud. Il settore meridionale si estende dal 21° al 24° parallelo e comprende il settore più profondo della piattaforma continentale, che si inabissa fino a 145 metri. E' suddiviso a sua volta in due zone distinte. Quella settentrionale è caratterizzata da un labirinto compatto di scogliere che sono separate da stretti canali attraverso i quali circolano forti correnti. Nella zona meridionale invece si trovano le Swain Reefs, piccole formazioni molto ravvicinate tra loro. L'estremità meridionale è solcata da una dorsale sottomarina che corre a metà strada fra la costa e il limite esterno della piattaforma continentale e rende possibile la presenza di grandi ed immensi banchi corallini, come gli arcipelaghi del Capricorno e di Bunker, dove abbondano gli isolotti ricchi di vegetazione.

Squalo nelle acque della Grande Barriera Corallina
Foto tratta da: 6inaustralia.com

Il lavoro di madrepore e coralli
La struttura corallina è formata da miriadi di gusci di animali, in particolare di madrepore e coralli (generalmente vengono indicati tutti col nome di coralli). Hanno una biologia particolare, che spiega la facilità con sui crescono e si espandono nelle aree vicine. Sono costituiti da "polipi" che vivono fissi sul substrato. I polipi misurano da 0,25 a 1,50 centimetri e secernono il proprio involucro calcareo esterno. Hanno il corpo a forma di sacco, con in cima una corona di tentacoli mediante i quali catturano il plancton. Quando il polipo muore il suo involucro serve da base per lo sviluppo di un nuovo organismo, cosicché la scogliera cresce su se stessa, fino a raggiungere notevoli dimensioni.
I coralli si riproducono molto rapidamente. Il maschio emette una nube di spermatozoi che fecondano le uova deposte dalla femmina. Da ogni uovo si genera una larva, la planula, che viene trascinata dalle correnti. La planula è dotata di minuscoli filamenti che le permettono di spostarsi su un substrato fisso e solido, dove potrà svilupparsi un polipo adulto. Una volta consolidato, l'animale continua a riprodursi, generando nuovi individui che crescono e si moltiplicano velocemente, creando così una nuova colonia corallina.
Come tutti gli animali, i coralli espellono anidride carbonica attraverso la respirazione, oltre ad altri rifiuti organici. Queste sostanze vengono catturate dalle alghe che le trasformano in amido e proteine. Il corallo trae beneficio da tale processo poiché utilizza i composti prodotti dalle alghe per formare il proprio involucro. All'inizio del XX secolo si scoprì l'importanza di un'alga microscopica, la zooxantella, nella formazione della scogliera: sono infatti le zooxantelle a imporre il limite della profondità alla quale può svilupparsi il banco di corallo. Poiché hanno bisogno di luce per realizzare la fotosintesi, esse non possono vivere al disotto dei 40 metri in acque limpide. In assenza di zooxantelle il corallo non è in grado di continuare regolarmente il suo processo di crescita.

Articolo tratto dalla collana "Planet, i capolavori dell'uomo", volume 15,  in uscita con Panorama. Edizione 2004 

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